Dopo gli attentati di Parigi, i nostri media vendono emozioni forti tra una pubblicità e l’altra, ma non è con le emozioni vissute davanti alla TV che si possono affrontare problemi di tale grandezza.
Eppure così ne discutiamo, come sempre. Il carosello va in onda tra un corpo straziato e una signorina che mangia yogourt; tra analisti di regime che non analizzano nulla e il nuovo SUV; tra politicanti rappresentanti di alcuna Polis e il nuovissimo surgelato che ti rende felice quando lo mangi.

Forse le vere risposte che cerchiamo le troviamo proprio nelle pause pubblicitarie.
Il problema è che noi occidentali abbiamo tradito i nostri ideali illuministici, laici, umanisti. Le nostre radici romane nel Diritto. Ci siamo abituati a separare gli effetti dalle cause. Qui risiede la nostra crisi.
Che non riusciamo più a trovare una direzione, appare molto chiaro nelle reazioni dei nostrani politicanti. Ci sono gli avvelenatori di pozzi di professione che invocano la solita caccia alle streghe contro gli islamici tutti. Ci sono poi quelli che invocano “accordi” con l’islam “moderato”.
La soluzione non è fare accordi con le classi dirigenti corrotte e dispotiche dei paesi del Medio Oriente. Li chiamiamo “moderati” quelli che lapidano le adultere, impiccano omosessuali e crocifiggono gli oppositori. Complimenti, “Occidente”!
Mettiamoci l’anima in pace una volta per tutte: in Medio Oriente come in Africa ci sono centinaia di milioni di giovani senza domani, senza speranza, che odiano, perché lo desiderano, quello che siamo e quello che abbiamo. Ci odiano perché consapevoli (a differenza nostra) che il nostro stile di vita consumista si regge interamente sulla loro pelle e sul loro sudore. Le banlieues sono un pezzo di quell’umanità nel cuore dell’Europa: lo sono a Parigi, come a Roma, come a Londra.
Il nostro atteggiamento verso il resto del mondo si è visto chiaramente a Malta qualche giorno fa. Il vertice internazionale sull’immigrazione ha visto lo stanziamento di due spicci per finanziare non meglio precisati “progetti di sviluppo” in Africa.
Il problema è ancora una volta nascondere e allontanare dagli occhi delle pubbliche opinioni “occidentali” i massacri non notiziabili che ogni giorno si compiono nel Sud del mondo. Massacri compiuti in nome e per conto delle multinazionali: anche italiane. Non vogliamo gli immigrati (l’effetto), ma non vogliamo rinunciare a stuprare loro e le loro terre (la causa).
E, allora, cosa c’entra l’Africa con Parigi e gli islamici? Un secolo fa le classi dirigenti europee, per avidità di ricchezza e di potere, hanno modellato quella parte di mondo spartendosela e dandola in gestione a dinastie di luogotenenti più o meno subalterni. La catastrofe di oggi ha radici storicamente molto profonde.
Abbiamo continuato per oltre un secolo a sostenere despoti necessari per mantenere l’ordine di sfruttamento, funzionale al nostro modello di (sotto)sviluppo; quando non è più bastato neanche quello, quando gruppi marxisti e laici locali hanno iniziato a porre la questione della giustizia e dello sfruttamento, si è pensato bene di finanziare direttamente i tagliagole.
Questo schema ci si è rivoltato contro e anche l’Africa ci si sta rivoltando contro e oggi abbiamo l’acqua alla gola.
La scelta che potevamo compiere allora era organizzare la nostra ritirata da gas e petrolio. Oggi è troppo tardi per rimediare a quei guasti, ma possiamo non produrne di nuovi.
Ieri si saccheggiavano idrocarburi, oggi si è passati al saccheggio anche di acqua, foreste, terre: anche l’aria è stata privatizzata. Se vogliamo “difendere l’Occidente”, dobbiamo tornare ad essere occidentali, se non vogliamo essere – noi tutti – i mandanti più o meno inconsapevoli di altre stragi.
Oggi non possiamo cascare dal pero e dirci che i nostri valori di liberté égalité fraternité sono stati attaccati, dal momento che li predichiamo quando ci fa comodo, ma difficilmente li pratichiamo, peraltro anche in casa nostra.
La nostra unica arma per difenderci dal terrorismo è la democrazia: possiamo usarla per sostenere strilloni e fedeli servitori del sistema, oppure possiamo costruire un nuovo paradigma per vivere sulla Terra, in armonia con essa e con tutti i suoi abitanti. Credo che questa seconda scelta sia ormai obbligata.
In alternativa, saremo travolti.

Fabrizio Cianci, Segretario EcoRadicali – Associazione Radicale Ecologista