Acque reflue: persi quattro anni di tempo, tra inefficienza e immobilismo. E adesso potrebbero arrivare nuove multe

Dopo quattro anni di richiami, la Commissione europea ha di nuovo deferito l’Italia alla Corte di giustizia europea. Il nostro paese continua ad essere inadempiente rispetto al trattamento delle acque reflue.
Rispetto alla prima sentenza del 2012, erano 109 gli agglomerati finiti sul banco degli imputati. Molti sono ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi europei, in 80 la situazione è rimasta immutata. Alle 109 località, vanno aggiunti altri 32 agglomerati con popolazione inferiore ai 15mila abitanti.
Sono, invece, 815 gli impianti non adeguati per i quali la Ue ha già aperto delle procedure d’infrazione. Complessivamente, il 29% degli impianti di depurazione e trattamento delle acque reflue non sono quindi a norma.
La situazione varia da regione a regione. Le più virtuose: Molise (100%), Piemonte (98%), Lazio ed Emilia Romagna al 96%. Il divario è notevole rispetto alle regioni più in ritardo: Calabria (43%), Sicilia (39%). Chiude la classifica la Campania con soltanto il 23% di impianti conformi.

Acque reflue: abbiamo perso quattro anni di tempo, tra inefficienza e immobilismo. Dopo i continui richiami, in arrivo nuove multe europee.

Rispetto agli 80 agglomerati nuovamente deferiti alla Corte di giustizia, ben 51 si trovano in Sicilia. Segue la Calabria con 13 località.  A seguire: 7 in Campania, 3 in Puglia e in Liguria, 2 in Friuli Venezia Giulia, 1 in Abruzzo.

In arrivo nuove multe

Il nostro paese già paga, ogni anno, una multa di 300 milioni di euro. In caso di nuova condanna scatterebbe una sanzione forfettaria di 62,69 milioni di euro. A questa somma andrebbe aggiunta una multa di 347mila euro per ogni giorno di ritardo accumulato a partire dal nuovo pronunciamento della Corte.
L’Italia avrebbe 12 mesi di tempo per mettersi in conformità con il numero maggiore delle aree sotto accusa. In questo modo si potrebbe limitare la sanzione che è proporzionale ai risultati conseguiti. Se desta scandalo che l’Unione europea debba richiamare le autorità italiane, anche per garantire il minimo sindacale, appare del tutto incomprensibile il ritardo a fronte delle ingenti risorse stanziate in questi anni.

Non mancano le risorse, ma la programmazione

Degli oltre 2,5 miliardi di euro stanziati per mettere in regola i siti fuori norma, neanche il 10% è stato impiegato. In sede CIPE sono stati approntati pochi e sporadici interventi. Manca, al solito, una vera pianificazione per affrontare la situazione in modo strutturale e mettere in regola l’Italia nel trattamento e smaltimento della acque reflue.
Se il “nuovo” governo non interverrà in modo sistemico, le multe passeranno dai 300 ai 500 milioni di euro l’anno. Nel mentre, il danno concreto per il nostro paese si riflette sulla salute e la qualità ambientale di mari, fiumi e laghi, con conseguenze negative su turismo e agricoltura.