Il Bando Periferie: interventi di sviluppo edilizio privato sostenuti con fondi pubblici
La notizia è stata lanciata con trionfalismo. C’è anche chi si è spinto a parlare di “nuova era” per le periferie. In realtà non c’è niente di più vecchio del Bando per le periferie messo in campo dal Governo Renzi-Gentiloni. Un piatto ricco, che dovrebbe arrivare a 3,9 miliardi e nel quale si sono infilate tutte le amministrazioni: di destra, grilline o di sinistra.
Nel 1992 fu varata la Legge n. 179, introducendo due nuovi strumenti urbanistici, il Programma Integrato, universalmente noto come PrInt e i Programmi di Riqualificazione Urbana, PRIU. La legge aveva come finalità quella di «riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale» e fece da battistrada per una serie di ulteriori strumenti urbanistici innovativi. Un anno dopo, la Legge 493/93 introduceva i Programmi di Recupero Urbano: i PRU, noti anche come “articolo 11”.
Nel ’98 furono introdotti i Contratti di Quartiere, definiti dai Bandi Ministeriali nel 1998 e nel 2001; i Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio – PRUSST (ex DM n. 1169 del 1998).
Insomma non si può certo dire che in questi 25 anni siano mancati gli strumenti legislativi per consentire una ripartenza delle periferie. Casomai, è mancata una politica di programmazione tale da permettere il pieno dispiegamento dei contenuti sociali di questi programmi, producendo risultati contraddittori e quasi sempre mediocri, spesso conflittuali, se non peggiorativi rispetto alle realtà che si sarebbero volute riqualificare.
Oggi si torna a percorrere la stessa strada, con interventi frettolosi, calati dall’alto, con l’aggravante che la promozione sociale viene sostituita da un non meglio precisato concetto di “sicurezza”. In realtà si tratta perlopiù di interventi di sviluppo edilizio privato sostenuti con fondi pubblici.
Appare davvero distante l’impostazione culturale tra i nostrani programmi e quelli dei paesi più evoluti d’Europa. Altrove la riqualificazione passa per una riprogettazione partecipata, diremmo democratica. D’altro canto chi, se non chi ci vive, può conoscere meglio le esigenze e i problemi, ma anche le opportunità delle periferie?
Se la tematica della partecipazione può apparire un qualcosa di troppo progressista, allora sarà bene sapere che l’Unione europea ha varato da anni diversi programmi destinati alle periferie. Viene finanziato fino al 50% degli importi per progetti di riqualificazione ecologica. E lo stesso vale per progetti urbani di riqualificazione sociale. Si arriva al 100% se il progetto somma riqualificazione ecologica e sociale. L’unico vincolo è la partecipazione diretta dei cittadini, sia della progettazione che nella successiva gestione, con l’obiettivo di promuovere sviluppo durevole locale.
La mancanza di regolamenti di partecipazione fa perdere ogni anno centinaia di milioni di finanziamenti europei. Eppure potremmo riqualificare interi quartieri a costo zero. Partecipazione: anche questo “ce lo chiede l’Europa”.
Fabrizio Cianci
Segretario EcoRadicali – Associazione Radicale Ecologista