Giornata mondiale della Terra. Italia al palo nell’applicazione degli accordi internazionali. Il ritardo rischia di costarci caro.

Oggi 22 aprile si celebra la 48^ edizione della Giornata mondiale della Terra. Ma c’è poco da festeggiare se si considera che dal Summit della Terra di Rio del 1992, l’umanità non è riuscita a fare progressi nel risolvere i problemi ambientali che si stanno aggravando. L’unica eccezione è rappresentata della stabilizzazione dello strato di ozono. Particolarmente preoccupante è l’attuale traiettoria di un cambiamento climatico potenzialmente catastrofico.

25 anni di ritardi

Proprio in occasione del Summit di Rio, la Union of Concerned Scientists pubblicò il primo “avvertimento degli scienziati del mondo alla umanità”. Sottoscritto da più di 1400 luminari, il documento mostrava indicatori allarmanti, dalla deforestazione alle risorse idriche, fino alla crescita della popolazione. Le attività umane stavano distruggendo gli ecosistemi, conducendo l’umanità stessa verso una crisi globale, senza precedenti.
A 25 anni di distanza, la stessa organizzazione ha pubblicato un secondo avvertimento, questa volta sottoscritto da 15mila scienziati. Il nuovo documento denuncia come l’umanità si sia spinta ben oltre i limiti di tollerabilità della biosfera e sia prossima a compiere un danno irreversibile alla Terra.
In soli 25 anni, la quantità di acqua dolce disponibile per la popolazione mondiale è diminuita del 26%. Le emissioni di gas serra sono aumentate più del 60% e la temperatura media terrestre è salita del 167%. La popolazione umana è aumentata del 35% e quella animale è diminuita del 29%.

Le cose non vanno meglio nel nostro paese. Dal 2002 ad oggi, l’Italia ha cementificato una superficie grande come l’Umbria, ha perduto un quarto delle sue risorse idriche, ha aumentato del 13% le sue emissioni. Solo per fare qualche altro esempio, l’Italia conta 21 delle 30 città più inquinate d’Europa e il primato europeo per morti premature per cause ambientali.

Una nuova Agenda per la Terra

Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile, un vero e proprio programma di riconversione ecologica globale da raggiungere entro il 2030. La sua adozione rappresenta un evento storico, almeno sotto due punti di vista.
Il primo è legato al fatto che la risoluzione esprime un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche economico e sociale, superando l’idea che la sostenibilità sia una questione unicamente ambientale. Al contrario, si afferma una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo.
In secondo luogo, i 17 Obiettivi vengono definiti ‘comuni’. Tutti i paesi sono chiamati a contribuire nella definizione e attuazione della propria strategia di sviluppo sostenibile per raggiungere gli Obiettivi, rendicontando sui risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’ONU.

Ambiente il grande assente della politica italiana

L’Agenda 2030 è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Italia inclusa.
Di tutto questo non vi è stata traccia nei dibattiti di campagna elettorale, né una riga nei programmi di partiti e movimenti. Eppure le prossime tre legislature e i prossimi tre governi dovranno conseguire gli impegni internazionali. Dal 2015 ad oggi, abbiamo fatto poco o nulla per conseguire gli Obiettivi ONU di sviluppo sostenibile. Il rischio evidente è quello di mancare gli obiettivi e perdere definitivamente il treno della riconversione ecologica. Nel medio periodo, il sistema economico italiano rischia di perdere competitività in uno scenario globale che prosegue verso investimenti sempre più massicci in innovazione e sostenibilità. L’Italia, senza leadership credibili e un progetto di paese, deve cominciare ad interrogarsi sulle reali priorità per il proprio futuro.